martedì 30 agosto 2011

Quos Ego…! Sed mostos praestat componere fluctus.

Nettuno.

Una moltitudine di affascinanti maioliche, brocche e piatti istoriati, ispirate alle stampe tratte da Raffaello, inondarono le botteghe e le credenze borghesi d’Europa nel corso del secolo XVI.

Una stampa di Marcantonio Raimondi conservata all’Albertina di Vienna ritrae Nettuno nell’atto di placare la tempesta di mare, con un corredo di scene tratte dall’Eneide.



La figura di Nettuno che placa i venti emerge dal verso 135 del primo libro dell’Eneide: “Quos Ego…! Sed mostos praestat componere fluctus” (Voi che io…! Ma è meglio calmare le onde burrascose) e narra del momento in cui Nettuno, in collera con i venti scatenati da Eolo, sta per dare sfogo alla sua ira, poi si trattiene, ripristinando la calma.
Nei versi successivi Virgilio paragona Nettuno che placa la tempesta ad un uomo autorevole capace di calmare gli animi esasperati dalla guerra civile, riconducibile ad Augusto instauratore della Pax Romana.

Quos Ego - Marcantonio Raimondi  (1511-1518)
All’inizio del secolo XVI ritroviamo l’allegoria di Nettuno/Augusto tratta da Virgilio riadattata alla figura del papa “guerrieroGiulio II Della Rovere; uno degli artisti che ebbero il compito di celebrare l’ideale politico del pontefice, fin dal suo arrivo a Roma intorno al 1509, fu Raffaello.

Secondo quanto riferito dal Vasari, Marcantonio Raimondi collaborò con Raffaello nei primi anni della sua permanenza romana, per cui proprio da quest’ultimo avrebbe tratto le bozze per la sua incisione di Nettuno/Augusto/Giulio II, intellettualmente affine agli sviluppi che Raffaello avrebbe poi elaborato nella Stanza di Eliodoro (1511 - 1514).

La datazione infatti è molto controversa e l’incisione viene collocata in un lasso di tempo che va dal 1512 al 1518.
Tuttavia, lo stile raffaellesco che traspare dalla composizione può indurre a pensare ad una datazione che combacia in maggior misura con la Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura (1509 - 1511) e con l’iconografia della Galatea (1511), oltre che con il gruppo del Laocoonte ed i nudi michelangioleschi della volta Sistina, già visibili nel 1511.

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